di Martina Dei Cas
Tagliare i capelli è un atto di grande significato simbolico. A volte lo si fa per moda o per praticità. Altre per segnare una svolta, ritrovare la propria autostima o dare una nuova immagine di sé. Anche il rapporto col parrucchiere è diverso per ciascuno di noi: c’è chi si tramanda il salone di fiducia di genitore in figlio e chi invece preferisce sperimentare. Per alcuni, si tratta di un momento rilassante, in cui farsi coccolare e scambiarequattro chiacchiere coi compaesani. Per altri di un rito da vivere con un misto di aspettativa e timore, perché non si è certi se l’immagine riflessa dallo specchio alla fine del processo sarà quella che sognavamo. A volte, però, quel timore si trasforma in angoscia, apprensione. In paura, di essere guardati storti, mal giudicati e magari addiritturacacciati a metà dell’opera. Un po’ com’è successo a Barbara la prima volta che, assieme al figlio Tommaso, è entrata nel salone Barber Factory 1975 di Rovereto, del folgaretano di Mezzomonte Christian PlotegheR
L’INTERVISTA
Plotogher, cosa ricorda di quel primo incontro di sei anni fa?
« Ricordo bene quel giorno. Lavoravo in proprio da poco. Barbara esordì spiegandomi che il piccolo Tommaso era autistico e che le luci, il rumore e la musica lo iperstimolavano rendendo il taglio dei capelli un’impresa non facile. Parlando con lei, scoprii che in altri Paesi, come gli USA, e anche qui in Italia, alcune realtà commerciali avevano istituito l’ora di quiete.»
Di cosa si tratta?
« Di un tempo, di solito un’ora appunto, in cui fattori che per le persone con autismo possono essere scatenanti, vengono eliminati.»
Così decise di provare anche lei?
« Esatto. Spensi la musica. Abbassai le luci il più possibile e quando finii di tagliare i capelli a Tommaso, la mamma aveva gli occhi pieni di una felicità rara. Allora misi un annuncio su Facebook, spiegando che il martedì sera avrei sempre attrezzato il salone per garantire alle persone autistiche di ogni età la possibilità di tagliare i capelli in tranquillità e serenità.»
Cos’è la prima cosa che dice ai genitori di clienti con autismo quando entrano in salone?
« Che tutto ciò che li circonda si può osservare, toccare, spostare. E se si rompe, non succede nulla. Un’altra cosa che faccio è mostrare ai ragazzi con autismo alcune fotografie che illustrano passo dopo passo come andremo a realizzare il taglio. Un’ultima accortezza è quella di lavorare con le forbici anziché con la macchinetta per evitare rumori superflui e di pettinare con delicatezza, come se stessi facendo una carezza. Queste tecniche sono nate dal confronto con le famiglie dei bambini autistici, con i loro educatori e con gli amici dell’associazione Vorreiprendereiltreno.»
Pian piano la voce si è sparsa – con richieste di appuntamento da tuto il nord Italia – ed è arrivato al Quirinale, dove il 22 dicembre 2020, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarell, l’ha insignita del titolo ” Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica” per il suo impegno nella creazione di ambienti inclusivi. Cos’ha provato nell’istante in cui ha stretto la mano del Capo dello Stato per ritirare il Diploma?
« Tantissime emozioni tutte insieme. Questo riconoscimento mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta e che dovevo spingere ancora per raggiungere un altro traguardo per me fondamentale, ovvero creare una rete.»
In che senso?
« Nel senso che è triste pensare che il papà di un ragazzo autistico guidi da Milano a Rovereto per un taglio. O che una parrucchiera di Modena o Brescia voglia attrezzare il suo salone in modo inclusivo per le persone neurodivergenti, ma non sappia da che parte cominciare. Così mi sono convinto che fosse giunta l’ora di mettere in pratica un sogno che custodivo da qualche tempo e ho fondato l’associazione “Acconciatori Solidali – Le Forbici a cuore”, perché andare dal parrucchiere deve essere un piacere per tutti.»
Come funzione?
« È una rete su scala nazionale di parrucchieri sensibili a questo tema. Per entrare a farne parte bisogna frequentare un corso online della durata di dieci ore, suddiviso in tre parti: logopedista, psicologo comportamentale e poi chiudo io con la parte pratica. Alla fine del percorso è previsto un test di verifica.
Una volta superato quello, la parrucchiera o il parrucchiere riceve un attestato e viene inserito all’interno di una mappa geolocalizzata.»
Che numeri vorrebbe raggiungere?
« L’ideale sarebbe avere almeno dieci parrucchieri in ogni regione. La cosa più importante, penso io, è che siano persone dotate della giusta sensibilità.»
Come sta andando qui da noi, in Trentino?
« Benissimo. La rete, formalmente, è nata il 24 giugno scorso. E in pochi giorni siamo arrivati alle dieci adesioni sul territorio provinciale. Le forbici a cuore nasce e si fonda sull’esperienza maturata nel taglio di capelli a persone autistiche, però siamo aperti a segnalazioni o piccoli accorgimenti che possano rendere l’esperienza del taglio più piacevole anche per persone con altri tipi di disabilità, cognitive, sensoriali o fisiche. Perché è vero che al giorno d’oggi tutti gli ambienti dovrebbero essere sbarrierati e inclusivi, ma da questo punto di vista lo studio e l’impegno non sono mai abbastanza e, a volte anche con pochi mezzi e un pizzico di ingegno e buona volontà, si riesce a fare tanto di più!»
Per info:
info@leforbiciacuore.it
www.leforbiciacuore.it