di Anna Maria Eccli

La ricerca sul funzionamento cognitivo si va facendo sempre più frenetica in tutto il mondo, perché comprendere come la rete neuronale del cervello funzioni, se viga, o meno, un ordine gerarchico tra le regole del sistema, tanto in condizioni sane quanto patologiche, è fondamentale soprattutto per trattare i casi in cui la connettività funzionale del cervello venga alterata, come nei disturbi dello spettro autistico, o nelle ischemie.

Mentre, nei laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia, si tenta di comprendere la stessa “eterogeneità” dello spettro autistico, profilando i pazienti in base alle capacità linguistiche, motorie, intellettuali e adattive dimostrate, nella speranza di poter isolare prima o poi marcatori biologici con gruppi di studio coordinati dal prof. Michele Lombardo e dal prof. Alessandro Gozzi, per carpire i segreti di quel “complesso puzzle genetico che si cela dietro all’autismo”, che già l’anno scorso aveva ottenuto il riconoscimento dell’eccellenza da parte dell’Ente europeo per la ricerca, è notizia recente che ad uno scienziato che opera nel Centro interdipartimentale mente/cervello del CIMeC (Università di Trento), Moritz Wurm, è stato assegnato un finanziamento del FIS (fondo italiano per la scienza, del Ministero dell’Università e della Ricerca), per le ricerche che sta conducendo sulle “modalità” con cui il cervello “disegna” la rappresentazione della realtà “dinamica”.

Contattiamo il professore telefonicamente chiedendogli subito di entrare nel tema dei disturbi afferenti lo spettro autistico: «La questione di quali siano le cause dei complessi e variegati sintomi dell’autismo è davvero una delle più interessanti da affrontare nel campo delle neuroscienze cognitive – ci dice – Ciò che sappiamo con certezza è che l’autismo non è né interamente genetico, nè esclusivamente innescato da fattori esterni all’individuo come l’educazione, o i traumi subiti».

Terminata l’epoca terribile in cui erano le madri a essere indicate come responsabili delle sindromi legate all’autismo (si parlava di “madri freezer”, poco inclini alla comunicazione empatica, di cattivo esempio insomma, quando proprio le madri erano principalmente coloro che affrontavano, e vivevano nella propria carne, le condizioni angoscianti a fianco dei figli), quindi, oggi si capisce che il fenomeno è davvero molto complesso e, soprattutto, si è profondamente insofferenti verso qualsiasi stereotipo sociale e ideologico che sia d’intralcio alla scienza.

«Certamente, ormai, una forte causa genetica è considerata certa. – prosegue il ricercatore – Ciò significa che i sintomi possono essere spiegati, principalmente, da un’alterazione neuronale. Non è ancora chiaro in che misura questa alterazione determini un cambiamento nel soggetto, se agisca a livello cellulare o, piuttosto, interessi la comunicazione fra specifiche regioni cerebrali».

Il paesaggio silente

La teoria attorno alla quale il professor Wurm sta lavorando e che gli è valso il finanziamento FIS è suggestiva: «Una delle teorie più interessanti è che l’autismo sia causato da un’alterazione del “cervello predittivo”: viviamoin un mondo dinamico in cui siamo costantemente costretti a confrontarci con nuovi stimoli e normalmente il cervello cerca di prevedere “cosa accadrà dopo”. Quando ci troviamo in situazioni molto complesse, per esempio ad una festa, per il cervello è facile filtrare gli stimoli imprevedibili, o di disturbo, per concentrarsi su dettagli che considera rilevanti, per esempio l’interlocutore che ci sta di fronte. Questo nell’autismo non avviene». Con una formula felice il fenomeno è stato definito “del paesaggio saliente” interpretando, forse un po’ poeticamente, ciò che davvero avviene quando, come succede alla mente del soggetto con autismo importante, si presentino tutti assieme gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, siano essi visivi, uditivi, gustativi o tattili.

Situazioni di sinestesia maligna che innescano nel soggetto condizioni di vero e proprio panico. «Nell’autismo – spiega il professor Wurm – il meccanismo attraverso il quale il cervello filtra gli stimoli può essere compromesso; è così che l’individuo viene sopraffatto dalle sensazioni. Questo spiega abbastanza bene le diverse caratteristiche che notiamo all’interno di quel fenomeno plurimo e variegato che va sotto il nome comune di “autismo”. Spiega il fatto, cioè, che tutte le persone autistiche preferiscono la prevedibilità della routine e che temano fortemente tutto ciò che è legato a imprevisti o estemporaneità. Le situazioni complesse, soprattutto quelle legate alla sfera sociale, i cambiamenti improvvisi, sopraffanno il cervello autistico. Da notarsi come questa condizione determini anche il fatto che le persone autistiche siano dotate di una capacità superiore alla media di “notare i dettagli”, anche i più piccoli, quelli che normalmente la persona esclude dall’attenzione, filtra, perché considerati meno importanti».

Ecco, il campo d’indagine che attualmente interessa il professore, e che costituirà un capitolo importantissimo delle neuroscienze, è proprio quello che inerisce la capacità dell’individuo d’essere “sincronizzato”, non subordinato, con l’ambiente che lo circonda e con le persone che lo abitano. Essere, o meno “sincronizzati” con l’ambiente significa anche possedere, o meno, capacità predittive (le stesse del portiere d’una squadra che deve intuire da che parte arriverà la palla). «A livello neurale – spiega il ricercatore – nella nostra testa costruiamo più modelli della realtà, a livello diverso, da quello base a quello concettuale e semantico. Passiamo, cioè, da quello che vediamo direttamente sulla retina a un piano più alto, cognitivo. È quest’ultimo livello che, ovviamente, richiede maggiore tempo per essere elaborato. Questo tempo finora ci è rimasto sconosciuto. Il nostro approccio intende esattamente testare i tempi di rappresentazione cognitiva, ritardati o predittivi, che seguono una stimolazione».

Il progetto DYNAMO del CIMEC

Scoprire quali siano le aree del cervello e le connessioni che si attivano per permettere azioni coerenti e tempestive, “future”: è questo il progetto “Dynamo” di Wurm e del CiMeC: «Il futuro è l’obiettivo della nostra ricerca; chiarire come il cervello riesca a ricostruire una rappresentazione del mondo in continua evoluzione, riuscendo a isolare le rappresentazioni dinamiche che progressivamente elabora». Un campo d’indagine nuovissimo che naturalmente esige nuovi strumenti analitici. Finora lo studio delle rappresentazioni neuronali, in risposta a stimoli esterni, è infatti avvenuto attraverso una registrazione “statica”, di immagini ferme. Ma, come dice il professore, il mondo è in continuo cambiamento, non ci offre immagini statiche, e il cervello è perennemente sottoposto a input che attivano un’infinità di linee interpretative (le stesse che, non filtrate, mandato in tilt la persona affetta da autismo grave) che sono anche predittive del futuro. Una condizione, questa, che richiede una rivoluzione tecnologica e la nuova strumentazione cui le neuroscienze possono ricorrere è la magnetoencefalografia (MEG). Strumento naturalmente non invasivo, la MEG permette ciò che il professore chiama “analisi di similarità della rappresentazione dinamica o dRSA”, procedura che permette di registrare l’attività del cervello “in fieri”, non mentre riconosce un oggetto in maniera statica, ma mentre si sta rappresentando “il futuro”, sta “immaginando” tappe successive e predispone un’azione conseguente, con una precisione temporale elevatissima; si parla di millisecondi. Con il Progetto Dynamo che cerca di cogliere per la prima volta ogni singolo momento di quelle interazioni neuronali che conducono e presiedono all’azione, il professor Wurm avvia un affascinante lavoro: cercare di capire come funzioni la capacità predittiva della mente e l’immaginazione. Analisi che, appunto, potrebbe anche offrire un contributo fondamentale alla comprensione del perché un soggetto autistico viva meglio nel certo che nell’incerto, nell’ambiente rigidamente strutturato rispetto a quello fluido. Riuscire a rappresentare gli eventi che interessano la mente “nel tempo”, in maniera dinamica, capire come il cervello riesca a costruirsi un modello in movimento della realtà, non potrà che favorire la comprensione dei disturbi mentali in genere. Una delle idee di Wurm, non a caso, è che l’autismo possa essere dovuto «a disordine dei meccanismi predittivi».

Scelto dal Ministero tra quasi 2000 altri piani scientifici, questo rivoluzionario progetto si confronta con una delle facoltà più misteriose e potenti della mente (Blaise Pascal, nel 1600, descrisse l’immaginazione come la capacità di ridurre Dio a piccola cosa elevando la piccola cosa a Dio, con ciò definendo l’attitudine umana alla falsificazione), rientra tra i 47 progetti italiani ammessi a finanziamento. La prima tappa esecutiva, ora, sarà quella di costruire un team per il monitoraggio dell’attività cerebrale dei volontari che accetteranno di sottoporsi alla sperimentazione, vale a dire alla rilevazione dell’attività cerebrale mentre si svolgono azioni come la lettura, la scrittura, la visione di un film e così via.